Le dita dei piedi le dolevano a causa dei crampi. Era
estremamente difficile stare sulle punte sostenendo il peso del proprio corpo
in modo che lo strumento non le penetrasse ancor più profondamente nella
vagina, fino a sfondarla. Appena si lasciava andare, Katia avvertiva la punta
metallica entrare più a fondo dentro di lei.
Si rese conto che la sua fica si bagnava e si distendeva per
far posto all’orribile arnese! Il suo viso era arrossato per lo sforzo e la
vergogna. Ma la paura di ferirsi le fece sollevare nuovamente i piedi. Quelle
donne stavano armeggiando dietro di lei, rigirando il piccolo ma lungo tubo e
infilandoglielo più profondamente nell’ano.
“Ecco, così non dovrebbe più uscire!”, constatò Elvira.
“Oh, vi prego, non fatemi questo. Mi fa male!”. Altre
lacrime sgorgarono dagli occhi di Katia mentre le tre donne la guardavano senza
emozioni.
“Sei una ragazza fortunata”, le disse Leona, passandole le
dita sul mento. “Fra poco proverai una sensazione meravigliosa, anche se vedo
che non mi credi. Immagina! Avere dentro di te un membro così grosso e duro…. e
non solo! È il sogno di ogni donna.
“No, non è vero! Non può essere”, gridò la ragazza, lottando
contro le lacrime. Se solo avesse avuto le mani libere! Avrebbe potuto tentare
di liberarsi da quella tortura. Ma i legacci la trattenevano saldamente.
Le guardiane stavano armeggiando con la piccola pompa alle
sue spalle. Lentamente Katia cominciò a capire quel che aveva voluto dire
Leona. La sensazione piacevole durava, ma quando cercò di rilassarsi e
appoggiare a terra le piante dei piedi, sentì i muscoli della sua vagina che si
contraevano dolorosamente attorno all’asta metallica. Il dolore e il piacere si
mescolarono in un’unica forte sensazione e Katia tremò di vergogna temendo di
raggiungere un orgasmo davanti a quelle tre donne.
“Bene! Credo che possiamo cominciare”, disse la direttrice.
Katia si irrigidì tutta alzandosi più che poté sulla punta
dei piedi, temendo il peggio. Vedendo che Elvira stava azionando il generatore
di corrente, allontanò velocemente dalla sua mente il pensiero dell’orgasmo.
Diversamente dall’altra volta, sentì l’elettricità scorrerle
all’interno della fica, e la sensazione era molto più intensa. Non c’erano le
piccole pinze attaccate al suo corpo, la corrente arrivava direttamente al
centro del suo corpo attraverso lo strumento che la penetrava, collegato al
generatore. Anche il lubrificante serviva a stimolare ancora di più le sue
tenere mucose.
Katia si divincolò e tentò di resistere, ma si sentì costretta
a saltellare su e giù coi piedi che le dolevano e le gambe che erano tutte un
tremito. E stava venendo! La ragazza si rese conto che non sarebbe riuscita a
controllarsi e a fermare gli spasmi che la corrente le procurava anche al
clitoride.
La scarica elettrica le procurò sensazioni sempre più
intense. Katia abbandonò la testa all’indietro e una serie di piccoli gemiti le
sfuggirono dalle labbra. Le punte dei seni cominciarono ad irrigidirsi
diventando di un rosso scuro mentre un flusso di radiazione le invasero il
ventre.
Senza rendersene conto cominciò a scivolare su e giù lungo
lo strumento metallico, masturbandosi. Il suo clitoride pulsava gonfio, e
vibrava mentre la corrente le scorreva su tutti i nervi quasi fossero stati
scoperti, stimolandole come non mai il suo punto G.
“Uhhhhhhhhhhhh!”, si lasciò sfuggire.
“Adesso con la pompa!”, ordinò Leona.
Si udì un altro suono, più intenso del ronzio del
generatore. L’altra guardiana aveva aperto il rubinetto dell’acqua. Katia sentì
il tubo vibrare dentro il suo intestino e un getto gelido le inondò le budella,
facendola vacillare.
“Acqua gelata, perché tu capisca la differenza di
temperatura!”, le spiegò Leona avvicinandosi a lei per osservare meglio le sue
reazioni. “La fica tutta un bruciore e il gelo nel culo, il tutto diviso da una
sottilissima membrana”.
Era terribile! Katia sentiva il proprio corpo come spaccato
in due, e inoltre stava riempiendosi come un pallone. Cercò di piegarsi per
rilassare i muscoli dell’intestino. Sarebbe sicuramente scoppiata se non fosse
riuscita a liberarsi dell’acqua che la invadeva. Elvira, sempre accanto al
generatore, lanciò un’occhiata interrogativa a Leona, e questa le fece un cenno
d’assenso. La donna girò l’interruttore aumentando l’intensità. Fu come se una
serie di petardi scoppiassero nella vagina di Katia! La ragazza traballò
abbandonandosi senza più ritegno. I piedi le scivolarono e il suo corpo si
impalò sostenuto solo dal grosso membro artificiale.
Ormai Katia non ci faceva più caso, al dolore e alla
pressione. Per fortuna la nuova scossa aiutò l’acqua a fuoriuscire dall’ano
scivolandole scura lungo le gambe. E questo la fece arrossire nuovamente. Era
come se il suo intestino si stesse svuotando davanti a tutti, lasciandola ancor
più umiliata.
Per distogliere la mente da quell’orrore, ricominciò ad
andare su e giù convulsamente sul palo. Si masturbava da sola sollevandosi
sulle punte e appoggiando i talloni
sulla piattaforma. Si muoveva con un ritmo sempre più veloce e frenetico,
facendo sobbalzare violentemente i seni.
La stanza sembrò svanire davanti ai suoi occhi. Perfino la
sensazione dell’acqua gelata che le scorreva nel condotto anale, si trasformò
in una sensazione di piacere. Katia si agitava sempre di più facendo muovere la
piattaforma con i movimenti selvaggi del proprio corpo. Le piaceva. Quello
strumento metallico che la possedeva così profondamente e che la faceva godere,
cominciava a piacerle. Tutto il suo corpo partecipava abbandonandosi a quella
sensazione. Il formicolio provocato dalla scarica elettrica e il lubrificante
aumentavano ancora di più la potenza dell’orgasmo. Sentiva che le forze la
abbandonavano e il suo corpo, scosso da sussulti incontrollabili, si agitava
come una farfalla impazzita trafitta da uno spillone.
“Sembra che non le dispiaccia farsi scopare in questo
modo!”, osservò Elvira, aumentando la potenza del generatore.
“Sembra proprio di no. Avevamo ragione, ci abbiamo visto
giusto. E’ speciale!”.
Leona era tutta eccitata in viso e si stava anch’essa masturbando.
Tranquillamente seduta a gambe aperte, dopo aver sollevato la gonna e spostato
di lato le mutande, mentre osservava i movimenti convulsi della ragazza. Katia
aveva ormai perso il controllo del proprio corpo naufragando in quella folle
sensazione di piacere. Si dibatteva come su una sedia elettrica, solo che stava
morendo di voglia, di vergogna e di orgasmi.
“Un altro giro per finire!”, ordinò Leona, ormai anch’essa
in dirittura di arrivo.
Elvira fece cenno di aver capito e portò al massimo
l’interruttore. Katia lanciò un urlo. Sentiva le mucose delle pareti vaginali
serrarsi infiammate attorno allo strumento con tale violenza che credette di strapparlo dalla sua piattaforma. Il
suo condotto anale risucchiò più a fondo il tubo di plastica e un altro getto
di acqua le arrivò fin nelle viscere. L’orgasmo era al suo culmine.
Singhiozzando e piangendo, gioendo e vergognandosi, Katia sentì l’universo
rovesciarsi con fragore dentro la sua fica. Non poté trattenersi dal gridare
mentre veniva…veniva…e veniva. E schizzava a ondate come una fontana, in un
misto di umori e piscia.
“Basta così!”, disse finalmente Leona, ormai paga, indicando
il generatore. A Katia parve che le togliessero la terra da sotto i piedi.
Quella terribile sensazione di calore era cessata di colpo. Sentì un ultimo
spasmo attraversarle la vagina e poi più nulla. Il suo corpo continuava ad
andare su e giù lungo il palo, come quello di una bambola meccanica. Un altro
getto d’acqua le uscì dall’intestino con un ultimo schizzo. Anche il getto
d’acqua fredda si era fermato. Ora che la frenesia si era attenuata, con un
ultimo grido la ragazza si lasciò cadere improvvisamente e rimase così, priva
di sensi. Solo l’intervento immediato di Elvira le impedì di cadere e ferirsi
gravemente.
La ragazza cadde in uno stato di semi incoscienza. Poteva
udire i suoni e le voci intorno a sé ma non riusciva ad essere del tutto
presente. Sentì che la toglievano dallo strumento di tortura e la adagiavano al
suolo. La testa le girava. Lentamente, riprese i sensi. I soliti lampi di luce
le scoppiarono nel cervello, come quando giaceva nella cella con Rosy.
Chissà Rosy, cosa ne era stato di lei? Leona aveva detto
qualcosa a proposito di Bruto, che se ne sarebbe occupato lui. Katia immaginava
fin troppo bene in che modo.
Si sentì avvolgere in una coperta. Il ruvido della stoffa le
pungeva la pelle. Non riusciva ad immaginare in quale parte dell’edificio si
trovasse, non sapeva nemmeno se fosse stato lo stesso edificio.
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